Le cure palliative non solo migliorano la qualità della vita del paziente in stato terminale, controllando i sintomi della malattia quali il dolore, ma in alcuni casi possono anche migliorare la sopravvivenza. Eppure l'Italia è ancora in ritardo in materia e le strutture dedicate, gli hospice, hanno una distribuzione disomogenea sul territorio.
In occasione della giornala mondiale contro il cancro, Girolamo Del Monte, responsabile dell'hospice del San Raffaele Cassino, spiega come il trattamento del dolore e le cure palliative non rappresentino solo una soluzione "finale" ma anche un'importantissima e aggiuntiva possibilità di cura e sopravvivenza. «Un recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine ha dimostrato come l'aggiunta di cure palliative al trattamento chemioterapico migliora non solo la qualità di vita ma soprattutto la sopravvivenza in pazienti affetti da tumore del polmone», spiega l'oncologo. «Questi risultati hanno portato la Società americana di oncologia medica ad indicare che in tutti i pazienti con malattia metastatica o con un elevato carico tumorale dovrebbe essere considerata l'integrazione con le cure palliative». Questo importante dato contrasta però con lo stato attuale delle strutture italiane e con le modalità e le tempistiche di accesso alle cure. Attualmente sono 2.524 i posti letto complessivi, dislocati in 230 strutture in tutta Italia: la distribuzione sul territorio nazionale è però ancora molto disomogenea, risultando squilibrata tra regione con regione (solo Lazio e Lombardia possono vantare un buon numero di hospice). «Altro problema rilevante è il momento in cui si accede alla cure palliative, che molto spesso avviene in una fase troppo avanzata di malattia. Infatti, la durata della presa in carico è in media tra le tre e le quattro settimane, con una parte di pazienti che restano in hospice per meno di una settimana», conclude Del Monte. Fonte: si ringrazia HealthDesk.it Ombra nelle ore più calde e creme solari. Sono gli alleati preziosi nella prevenzione del tumore della pelle su cui puntare soprattutto per proteggere i bambini. Perché le scottature gravi nell'infanzia possono aumentare i rischi di ammalarsi da più grandi.
Lo ha ricordato Carmine Pinto presidente nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica in occasione del convegno “Lotta al melanoma” che si è tenuto ieri, 25 maggio, al Ministero della Salute. «Troppe persone si espongono al sole senza precauzioni - dice Pinto- e i bambini rappresentano l’‘anello debole’ della catena. Un richiamo da tenere in considerazione soprattutto in questi mesi, in cui molti italiani approfittano del fine settimana per stare all’aria aperta. È necessario proteggersi con creme solari e indumenti adeguati quando ci si espone al sole, evitando però le ore centrali della giornata (12-16)». Gli esperti dell’Aiom durante il convegno hanno anche ricordato i rischi dovuti alle lampade abbronzanti «cancerogene come il fumo di sigaretta» e l’importanza della diagnosi precoce. «Basterebbe un semplice esame della pelle eseguito da uno specialista una volta all'anno - dice Pinto - per individuare questo tumore nella fase iniziale, quando le percentuali di guarigione superano il 90 per cento». Anche perché oggi ci sono armi efficaci per contrastare il melanoma, come l'immunoncologia. «Questa neoplasia - ha spiegato Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto ‘Pascale’ di Napoli e presidente della Fondazione Melanoma - per la sua particolare sensibilità all'azione del nostro sistema immunitario ha rappresentato il candidato ideale per applicare il nuovo approccio rappresentato dall'immuno-oncologia». Fonte: si ringrazia HealthDesk.it |
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April 2020
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